Il conduttore racconta la sua esperienza all’Ariston: «Mio figlio origliò la canzone di Luicio Corsi e mi disse "papà questa è bellina". I Jalisse hanno reagina in maniera carina»
Nino Luca / CorriereTv
«Quest’anno sono po’ preoccupato perché ci sono troppo poche polemiche su Sanremo, si parla solo sul fatto che (i cantanti) siano troppo giovani o troppo vecchi… vediamo se aumenteranno più in là». Lo dice con un sorriso Carlo Conti durante l’incontro La televisione e la cultura nazionalpopolare in Italia al quale ha partecipato con Mara Venier, Marco Liorni e in collegamento Ezio Greggio ad Atreju, la kermesse romana di Fdi. «C’è una persona che si chiama Pippo Baudo che ha creato il festival per come lo facciamo noi – ha ricordato Conti davanti a una platea con in prima fila Arianna Meloni e Giovanni Donzelli -. Ha avuto l’intuizione di renderlo evento». Poi negli ultimi dieci anni «c’è stato un grande cambio di passo a Sanremo, stava cambiando la musica italiana e sia io che Baglioni e Amadeus abbiamo lavorato a un allargamento della grande parata televisiva, portandola sempre di più anche verso i giovani. Arrivavano nuove tendenze, nuovi cantanti, forse anche troppo velocemente, perché alcuni essendo molto giovani, non sanno reggere poi quella tensione e spariscono in poco tempo, proprio perché magari non hanno fatto prima una gavetta». Il festival comunque è «un rito collettivo e poi diciamo la verità, mentre un tempo Sanremo si commentava il giorno dopo o al bar o in ufficio, ora lo puoi fare in tempo reale con i social dove puoi parlare e sparlare via via. È la bellezza di Sanremo perché è un grande carrozzone che fa parlare e fa sparlare».




