Dal 2021, grazie alla ex dipende Frances Haugen e all’inchiesta pubblicata dal Wall Street Journal sulla base dei documenti che lei aveva portato via da Facebook (così si chiamava ancora a quei tempi Meta), sappiamo che la società aveva analizzato quali ripercussioni psicologiche potesse avere l’utilizzo di Instagram sugli adolescenti. E dopo aver scoperto che sì, le ripercussioni psicologiche c’erano ed erano anche molto negative, non ha fatto nulla per cambiare le cose. Ora emergono nuovi documenti, visionati da Reuters e inseriti in una causa portata avanti da Motley Rice, società legale che sta muovendo guerra a Meta – ma anche Google, TikTok e SnapChat – per conto di una catena di scuole americane che vogliono dimostrare come questi colossi nascondano intenzionalmente i rischi delle piattaforme che gestiscono. E sono documenti che riguardano un’altra ricerca interna che risale al 2020. Il suo nome in codice era «Project Mercury» e l’obiettivo era capire cosa succedeva alle persone che decidevano di abbandonare Facebook.
La ricerca interna era condotta in collaborazione con Nielsen, che aveva fatto dei sondaggi per capire cosa succedeva agli utenti che avevano «disattivato» Facebook. L’obiettivo – probabilmente – era quello di rassicurare gli investitori in un momento in cui il social stava vivendo una difficile situazione dopo il grosso scandalo di Cambridge Analytica e la diffusione della disinformazione. La delusione, nel leggere i risultati, sarà stata enorme per la società: «Le persone che hanno smesso di utilizzare Facebook per una settimana – si legge – hanno riportato una diminuzione dei sentimenti di depressione, ansia, solitudine e confronto sociale».




