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Piccoli benefici. E quasi sempre non a chi ne avrebbe più bisogno. Una manovra contenuta, la quarta del governo Meloni: solo 18,7 miliardi. Ma soprattutto sbilanciata. L’effetto redistributivo non pare neutrale perché vengono favoriti reddito medio-alti con il taglio dell’Irpef, proprietari di case e famiglie molto numerose con il nuovo Isee, solo alcuni settori che rinnovano i contratti e solo per alcuni lavoratori con la detassazione. Insomma la selettività della legge di bilancio paga pegno. Impatto sulla crescita nullo, diseguaglianze non corrette, salari reali 8 punti sotto il livello del 2021. L’Ufficio parlamentare di bilancio fa i conti. Metà del beneficio da 2,7 miliardi per il taglio della seconda aliquota Irpef dal 35 al 33% “va all’8% dei contribuenti con redditi sopra 48mila euro”. Operai e pensionati prendono poco, in media 23 e 55 euro all’anno. I dirigenti sfiorano il massimo con 408 euro. Seguono impiegati con 123 euro e autonomi con 124 euro. Tutte cifre annuali. Il giudizio sulla manovra di Istat, Bankitalia, Corte dei Conti e Upb è trasversale: la redistribuzione promessa non si vede. Le quattro istituzioni chiamate in Parlamento segnalano misure selettive, temporanee, con effetti contenuti su salari e consumi. Il taglio Irpef concentra il vantaggio sui redditi più alti tra quelli interessati.
L’articolo completo di Valentina Conte su Repubblica
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