Nell’estate del 1968, a sei anni e mezzo, mentre dormiva disteso sul sedile di una Giulietta parcheggiata nella campagna di Signa, Natalino Mele rimase orfano della mamma, Barbara Locci, uccisa a colpi di calibro 22 mentre amoreggiava con il suo amante Antonio Lo Bianco. E contemporaneamente privo del padre, arrestato e poi condannato per quel duplice omicidio che, si scoprirà poi, sarà pure l’esordio della pistola del mostro di Firenze.
Ha debuttato su Netflix la serie tv dedicata al Mostro di Firenze, firmata da Stefano Sollima e sviluppata – in attesa, forse, di una seconda stagione – in quattro puntate. Un viaggio temporale nella Firenze di allora, attualizzato alle atrocità di oggi (ed in particolare ai temi del femminicidio e del patriarcato) ma con una ricostruzione molto fedele di quanto avvenne in quegli anni. Le figure centrali della serie sono quelle appartenenti al cosiddetto ‘clan dei sardi’, ipotesi investigativa seguita a lungo dagli inquirenti per cercare di dare risposta ai delitti delle coppiette. Da Barbara Locci (forse la vera protagonista di questa serie) al figlio Natalino Mele, dai fratelli Francesco e Salvatore Vinci a Stefano Mele, vediamo quali sono i fatti – e i personaggi – chiave della fiction dedicata al Mostro.
Il Dna riscrive la storia del mostro di Firenze fin dall’inizio. Natalino, il bambino di sei anni e mezzo che nell’estate del 1968 scampò ai colpi di calibro 22 dell’assassino che uccise sua madre, Barbara Locci, e l’amante Antonio Lo Bianco, e che per i successivi diciassette anni terrorizzerà la Toscana e l’Italia con altri sette duplici omicidi, non era figlio di Stefano Mele, il manovale, marito della vittima, condannato per quel delitto. Un accertamento genetico disposto dalla procura ha stabilito che il suo padre biologico è Giovanni Vinci, il fratello più grande di Francesco e Salvatore.
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