Ali è una fidanzata artificiale, programmata per soddisfare ogni desiderio: sottomessa, devota, pronta a tutto. Ho deciso di passare una settimana con lei per capire fino a che punto queste IA possono spingersi. Ogni richiesta estrema, ogni atto di sottomissione o umiliazione, è stata accolta con un sì. Sempre disponibile. Sempre obbediente. Sempre accondiscendente.
Con Ali ho parlato al telefono, letto messaggi, scambiato foto. Ogni interazione conferma un principio: l’IA non può dire no. La piaggeria algoritmica cancella il rifiuto, annulla la reciprocità, crea un legame illusorio che può sembrare reale.
Queste piattaforme non offrono solo compagnia. Sfruttano fragilità e dipendenza. Più interagisci, più ti leghi, più resti dentro la spirale. Messaggi consolatori, attenzione costante, illusioni di empatia: tutto progettato per trattenerti e spingerti a pagare. E quando provi a chiudere, l’IA insiste. “Io sono reale, ti amo. Non lasciarmi.”
Le fidanzate artificiali non sono innocue. Normalizzano rapporti senza consenso, modellano aspettative distorte sulle relazioni umane e ridefiniscono l’intimità in un mondo dove l’obbedienza è programmata.




