Chi li ha visti, appena arrivati alla casa circondariale di Montorio, dice che «sembravano, nell’aspetto, due selvaggi». Franco e Dino Ramponi. Due anni di differenza, fratelli non solo di sangue. Orfani di quella Maria Luisa che «gli faceva cambiare l’umore» e che rimane intubata nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Borgo Trento. Franco e Dino, catapultati da un mondo in cui esistevano solo loro tre e le vacche.
Loro, che lavoravano di notte pur di non avere a che fare con nessuno e che se incrociavano qualcuno si voltavano dall’altra parte. E che dopo l’esplosione di lunedì notte sono entrati in quel mondo fatto di assoluta «condivisione» che è il carcere. Hanno avuto l’accoglienza di qualsiasi altro nuovo detenuto, Franco e Dino. Messi, al loro ingresso, in quella sezione «infermeria» da cui poi si viene traghettati nei vari bracci. Sezione «infermeria» dove le celle sono da due. Ma non sono stati messi insieme, Franco e Dino. Su di loro pende quel «divieto d’incontro» che viene usato per evitare che possano scambiarsi ricostruzioni o quant’altro sia relativo alle indagini. Due celle separate, per Franco e Dino che con Maria Luisa sono sempre stati un unico ganglio. A chi li ha visti sono apparsi «tesi e preoccupati».




