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La legge di Bilancio affida il suo intervento principale al taglio strutturale della seconda aliquota Irpef, dal 35 al 33% tra 28 e 50 mila euro. Ma i conteggi dell’Ufficio parlamentare di bilancio mostrano l’effetto concentrato nella fascia alta: il 50% dei benefici va all’8% dei contribuenti con redditi più elevati, mentre operai, pensionati e gran parte del ceto medio ricevono vantaggi modesti. Le misure mirate ai redditi più bassi — bonus mamme rafforzato, imposta al 5% sugli incrementi retributivi, aliquota al 15% sul salario accessorio nel pubblico impiego — sono temporanee, con importi limitati. Anche la “sterilizzazione” oltre i 200 mila euro funziona solo sulla carta: una parte rilevante dei contribuenti più ricchi non ha detrazioni sufficienti da azzerare e continua a beneficiare del taglio dell’aliquota. Nel complesso, il disegno fiscale conferma una dinamica sbilanciata: un intervento strutturale che premia soprattutto i redditi medio-alti, affiancato da correttivi circoscritti e transitori per le fasce più deboli.
L’articolo di Rosaria Amato su Affari&Finanza




