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L’iter messo in piedi dal governo Meloni per realizzare il ponte sullo Stretto non rispetta le norme europee. In particolare non rispetta la direttiva sugli appalti, con il rischio di apertura di una procedura di infrazione e contenziosi civili infiniti. La Corte dei conti dopo aver bocciato la delibera Cipess che stanziava 13,5 miliardi di euro per l’opera, ha bocciato anche l’atto aggiuntivo: il contratto in soldoni, tra il ministero dell’Economia e il Mit e la società concedente, Stretto di Messina. Tre le azioni nel mirino dei giudici contabili nelle motivazione appena pubblicate sulla bocciatura del contratto: si doveva fare una nuova gara perché sono cambiati i criteri; in ogni caso non c’è alcuna certezza che rispetto alla vecchia gara del 2005 i costi non salgano di più del 50 per cento e i calcoli sono troppi generici; terzo, non si può prevedere in queste condizioni alcun risarcimento e penale a favore dei privati che hanno vinto la vecchia gara che però era stata bandita in project financing, cioè con costi a carico anche delle aziende non solo dello Stato, come invece ha voluto il governo Meloni.
L’articolo completo di Antonio Fraschilla su Repubblica
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