«Quanti terremoti potenti ci sono stati qui in Abruzzo? Almeno due no? Mi dite come mai quel casolare non è mai crollato se è fatiscente, se non è stabile come dicono?». Osvaldo, è un abruzzese di quelli tosti, parla in dialetto per rafforzare i concetti. Nelle campagne di Palmoli ci è nato e ci vive. Ma è arrabbiato, ce l’ha con il mondo intero, anche un po’ con i giornalisti («Forse non è un bene che siate qui») per via della storia che ha travolto i suoi vicini di casa Nathan e Catherine: «Cosa ne sanno i giudici della vita qui? Perché non vengono a vedere come siamo messi, con le strade dissestate, abbandonati dalle istituzioni?».
Poi di colpo l’espressione burbera si trasforma in commozione: «Se penso a quei bambini portati via così mi viene da piangere. Perché io a quella famiglia voglio bene. A ogni Natale Catherine mi portava la torta di cioccolata che preparava. Lui mi dava una mano se serviva. I loro figli? Per me sono come i miei nipoti. Sempre sorridenti, felici. Prima qui c’era allegria, ora solo tristezza». Osvaldo se la prende pure con i social che «Raccontano fandonie. Devono lasciarli in pace». Poi se ne va brontolando.




